« Finalmente, incerti, se camminavamo su rocce o su macerie, potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati, che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica. »
Non sono parole qualunque, da cartolina: provengono dal diario di viaggio di un autore assolutamente d’eccezione, che le scrisse più di duecento anni fa. Il diario è il “Viaggio in Italia”, e l’autore è il celebre Goethe, che racconta il suo Grand tour di due anni in Italia – il viaggio che era tradizionale compiere per i giovani di buona famiglia, che visitavano i luoghi culturalmente e storicamente più importanti prima del loro debutto in società. Nello specifico, parla proprio della sua visita alle rovine di Paestum – una meraviglia storica ed archeologica che abbiamo ancora oggi la fortuna di poter visitare ampiamente. Perciò, per le prossima vacanze, perchè non decidere di alloggiare un in un Hotel a Paestum, e da lì partire per esplorare, con una bella escursione, tutte le meraviglie di questo piccolo grande gioiello del Cilento, che tanti archeologi hanno esplorato e studiato per riportarne alla luce la storia?
Il sito dove sorgono oggi le rovine di Paestum, infatti, ha una tradizione abitativa lunghissima – è stato certamente sede di tribù ominidi e umane fin dall’epoca preistorica. Ne sono testimonianza resti di capanne e manufatti ritrovati dagli archeologi, che sono sicuramente databili all’età paleolitica e che attestano quindi l’antichità dell’insediamento. Risulta probabile che, all’epoca, sorgessero in realtà addirittura due piccoli villaggi, uno su ciascuna della alture che ora sono coronate dalla Basilica e dal Tempio di Cerere.
Ci mancano invece dati precisi sull’effettiva fondazione della città le cui rovine oggi noi possiamo ammirare a Paestum: le fonti storiche antiche, tuttavia, ci danno ragione di ritenere che sia stata operata da una minoranza di Dori scacciati dalla colonia greca di Sibari dalla maggioranza Achea, circa 2600 anni fa. La città doveva essere nodo di intensi scambi commerciali con i greci, i latini, e gli etruschi, ed aveva allora il nome di Poseidonia. Dal 560 al 440 a.C. si colloca, con ogni probabilità, il periodo di più alto splendore e potenza della città, che vide l’erezione dei tre templi che ancor oggi ammiriamo quasi intatti
Nel secolo successivo, Poseidonia subì una fulminea conquista da parte delle popolazioni Lucane, che ne mutarono il nome in Paistom. Si tratta di un avvenimento comune nelle città della Magna Grecia dell’epoca; le popolazioni locali Italiche, dapprima utilizzate nelle città come forza lavoro di basso livello, in molte occasioni arrivarono al dominio sulle città stesse. Ne è un esempio pressochè contemporaneo Neapolis – quella che oggi conosciamo come Napoli. Il mutamento dei vertici politici e di comando non mise però fine in alcun modo allo splendore né alla ricchezza della città; sono di questo periodo vasi pregevolissimi prodotti da maestri di prim’ordine, e sepolture affrescate e ricolme di corredi funerari di enorme valore. Tale ricchezza pare essere dipesa da una rara e fortunata combinazione di guadagni commerciali e produzione agricola della fertilissima Piana del Sele.
È poi nel 273 a.C. che si verifica l’ultimo e definitivo cambio di governo e di nome per la città: Roma la sottrae alla Confederazione Lucana e ne mutò il nome in quello che ancor oggi conosciamo di Paestum. Preziosa alleata dell’Urbe, a cui fornì navi e da cui ottenne perfino l’ambito diritto di coniare moneta, Paestum si vide arricchita durante il dominio Romano di grandi opere pubbliche, dal Foro, all’anfiteatro oggi tagliato in due dalla S.S. 38, al santuario della Fortuna Virile – acquisendo altre ancora fra le numerose meraviglie architettoniche che il tempo ha preservato per noi, e delle quali possiamo oggi godere.